Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

te tra poco. Intanto, il luogo della fobia ha partorito i fobici. Avevamo detto che la funzione dell'analisi è il ritrovamento, al di là dei sintomi, del luogo della fobia. Molti degli analisti che si sono formati nella Pratica Freudiana che dirigo con Finzi, conoscono, hanno constatato la grande utilità della nozione di «luogo della fobia» nel trattamento della psicosi. Gliela lascio intatta. Dove tale rappresentazione è mancata la sola concretizzazione di un «luogo della fobia» magari presso l'analista tempera gli sfondamenti, le violenze dei tiri di pallone in rete su un fantastico campo di calcio dove la questione della nascita, dell'origine e del godimento, si fa rischio mortale. Con lo psicotico si evidenzia che si tratta, in riferimento al luogo della fobia, di accettare il suo errare, perché il vagabondare dello schizofrenico è già una cura alla mèta genitale, e di dargli insieme dei confini in rapporto ai quali egli riesca a rappresentare un suo essere straniero. In realtà, la nostra nozione di «luogo della fobia» basta di per sé a funzionare con gli psicotici proprio in quanto l'analista se ne serve per porre una barriera che non c'è mai stata, non tanto tra il soggetto e l'autore della sua nascita quanto tra il soggetto e il prodotto che ha dato origine alla sua nascita e ora minaccia di incarnarlo: il porsi come straniero impedisce allora al soggetto di identificarsi con la frantumazione. Non così per i nevrotici che tale barriera l'hanno riconosciuta, ma per i quali il luogo della fobia ha determinato anche un'altra istanza: quella cioè di riconoscere nei genitori una coppia e di riconoscerla come vera. La direzione della cura dei nevrotici e anche dei borderline pone dunque problemi diversi. Ritrovare il «luogo della fobia» non basta. Non basta riconoscere la funzione della protesi memorativa della scala naturale. Non sono qui a smantellare queste nozioni, ma a infliggere alla psicoanalisi quello spostamento di casa, quella defor60

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