avanti, nella vita adulta, la riproduzione di stanzini, varchi, disposizioni nella propria casa, e le infinite pareti a vetri, pareti aperte sull'abisso, porte mancanti, divisioni incerte, che si rincorrono nei sogni. Il luogo della fobia ha così subìto un irrigidimento: da esterno naturale segnato dall'uomo, si è fatto sempre più oggetto riuscito o non riuscito, ripetuto, sfidato, abbattuto, di una tecnica con cui il soggetto si commisura secondo una tendenza che da proprio, ed esterno, un salto, una corsa, il limite di un fiume, una soglia di casa, si fa interno ed estraneo, stanzini, corridoi, vetrate, porte murate appartenenti ai genitori, costruzioni di vetri e mattoni incompiute, malfatte, pericolanti nei sogni, affidate nei giorni a operai incapaci. Ed è facile per l'ossessivo o per l'isterico assumere alcuni tratti della perversione o della psicosi proprio in riferimento al fatto che il luogo della fobia non ha più plasticità, la barriera si fa rigida, la riproduzione meccanica. La protesi, altro elemento fondamentale che ponemmo nel luogo della fobia, tende a occupare un posto sempre più dilagante nella struttura del soggetto, ed ecco anche sotto questo aspetto, l'estraneità con cui la vive il vero perverso, l'invasione con cui la soffre lo psicotico (ricorderò, per tutti, il presidente Schreber). Di fatto, questa serie di sostituzioni, di rappresentazioni di una rappresentazione, ha la sua causa all'interno stesso del luogo della fobia. Quando il piccolo Hans appella l'idraulico perché risolva la possibile perdita del pene, quando il piccolo Eric di Melanie Klein di fronte all'implacabile imperio con cui la madre analista impone la «verità» sulla nasçita dei bambini, ribatte alla cancellazione delle cicogne con un: «Ma il fabbro, però, esiste davvero?», che cosa avviene? Avviene che la questione della tecnica, di cui conosciamo i legami con la tecnica paterna, l'ars amatoria del padre, subisce uno slittamento sì verso la protesi, il meccanico, ma ciò che si attiva è anche una sostituzione di per58
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