padre? Possiamo riconoscere nella madre il deposito di un'unità di misura che garantisce la stabilità nell'inconscio della formazione delle teorie sessuali? Ho trasformato in domande gli assunti dei casi dal piccolo Hans al mio piccolo Giacomo, da Erik di Melanie Klein alla mia paziente Telma, da Richard a tanti altri di cui ho parlato, perché il «se» che insidia la teoria, «se Mosé era egizio», trovi nel luogo della fobia la sua giusta collocazione. Nella risposta all'angoscia che il prospettarsi del godimento del padre (il primo culmine della teoria dei due culmini nella vita del soggetto) suscita nel bambino intorno ai quattro anni di età, vi è qualcosa dell'ordine dell'accertamento della paternità. Il piccolo Hans viene indotto a un riconoscimento. Sì, questo è mio padre, è di lui che ho paura quando ho paura del cavallo, sì, questa è mia madre, che porta nel suo interno la mia sorellina che sta per nascere. E questo riconoscimento sembra placare l'angoscia per l'esplosione di un godimento insopportabile, e il disegno della pianta del Dazio, diviso dalla barriera, «molle» come l'ho definita, in quanto provabile, sondabile, persino attraversabile con la fantasia in un punto diverso da dove nella realtà si apre agli occhi del piccolo Hans il varco nel recinto del Dazio, il disegno della pianta del Dazio inquadra, definisce, riduce di scala, dà un luogo allo scalpitare del cavallo che altrove improvviso è insostenibile a Hans. Il cavallo, nel Dazio, è pesato, commisurato, tarato e insieme anima un disegno. Come se il progetto, la rappresentazione di qualcosa concernente la psiche trovasse un collegamento non solo con una forma, ma con una forma che riguarda la natura. L'animale non è semplicemente l'immagine del padre, nemmeno attraverso il trait d'union dell'animale totemico, ma è il ponte tra animato e inanimato, tra l'agitarsi di un seme che mette in crisi tutti i confini, granelli di sabbia che acciecano e che solo il formarsi di una �eoria allontanano dal56
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