Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

pensare...». Il «se» scompare dal titolo del terzo saggio. La ripresa è sotto il nome di Darwin, la cui dottrina «ha subìto le stesse vicende, di ripulsa e di tarda accettazione, della dottrina psicoanalitica». Ed è a questopunto che, di questa, Freud ci dà una breve ricapitolazione: dall'origine traumatica della nevrosi, al periodo di latenza, al sorgere della nevrosi definitiva, alle fobie spiegate come timore del padre. Ebbene, trauma, latenza, fobia, ritorneranno anche in questo nostro scritto, ma partendo dal nuovo presupposto freudiano: «posso nuovamente... quasi dicevo pensare». Mosè definitivamente egizio ci offre un nuovo modo di considerare il nostro «spazio per pensare». Che cosa avviene infatti alla luce di queste premesse, se accettiamo che la formazione di un romanzo familiare «storico» che non postuliamo come nucleo di nevrosi, si leghi a uno spostamento (o deformazione) della psicoanalisi e del soggetto? Che cosa avviene in particolare del nostro luogo della fobia che negli anni scorsi vi ho indicato come luogo di strutturazione del soggetto, come spazio per pensare, come luogo della teoria, e quindi come fondamento nuovo per una psicoanalisi che della fobia aveva finora potuto riconoscere solo i sintomi reattivi? Indubbiamente nel «luogo della fobia» in cui ho scorto la prima rappresentazione esterna dell'apparato psichico e la cui configurazione ho legato alla famosa barriera posta dal recinto del Dazio di fronte alla casa del piccolo Hans, il caso del bambino di quattro anni seguito da Freud, nel luogo della fobia vengono formulate tutte le domande cardine per la soggettività: che cosa distingue l'animato dall'inanimato? Il morto a quale dei due campi appartiene? Il fapipì è il connotato del vivente e, se sì, non è ovvio che appartenga al maschio come alla femmina? Quale è il senso del dislivello tra il bambino e suo 55

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==