Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

la maga annulla il suo vuoto regno d'amore e tutte le cose che le ricordano i passati piaceri come per cancellare la perdita dell'«obietto desiderato». La stessa scenografia del sortilegio - dall'«ombra più che di notte» all'«orrore» che ne esce e che pare incontaminato - reca i segni - assoluti - di una cancellazione che investe anche la memoria: Come imagin talor d'immensa mole forman nubi ne l'aria e poco dura, ché 'l vento la disperde o solve il sole, come sogno se 'n va ch'egro figura, così sparver gli alberghi, a restàr sole l'alpe e l'orror che fece ivi natura. (XVI, 70) Quest'odio mortale: una forma terribile d'amore, per la quale Armida si promette al campione pagano che ucciderà Rinaldo. Può fare questo giuramento perché, come odia quel «barbaro inumano», odia se stessa, «l'esser reina e l'esser viva». Vedrà Rinaldo vittorioso, e dovrà fuggire «sbigottita» e fremente di sdegno e d'amore: vassene e fugge, e van seco pur anco Sdegno ed Amor quasi due veltri al fianco. (XX, 117) La concordanza ritorna con «sdegno ed amor»: è certo una cifra di questa lettura, e, nel chiuderla, può compendiarne il motivo informatore: quell'impressione o, se si vuole, quella certezza di poter approfondire il testo dei Dialoghi con la memoria della poesia tassiana. Italo Viola 45

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