Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

crità, ma nell'eccesso delle contrarietadi; ha l'anima discordevole, se triema nelle gelate speranze, arde negli cuocenti desiri; è per l'avidità stridolo, mutolo per il timore; sfavilla dal core per cura d'altrui, e per compassion di sé versa lacrime da gli occhi; muore ne l'altrui risa, vive ne' proprii lamenti; e (come colui che non è più suo) altri ama, odia se stesso»20 • L'odio è volontà di distruggere tutte le cose che si oppongono al desiderio, anche l'essere amato se offende amore; e, certo, nei suoi tormenti o furori l'amore può odiare anche se stesso. Resta comunque esclusa, dalla conclusione amorosa come dal passo bruniano, ogni «temperanza della mediocrità». «Odio l'esser reina e l'esser viva, e l'esser nata mai; sol fa la speme de la dolce vendetta ancor ch'io viva». (XVI, 67) Con questi sentimenti Armida si prepara a distruggere il suo eden, munitissimo di magie e violato; ma la sua opera è come un'allegoria della passione d'amore: Ombra più che di notte, in cui di luce raggio misto non è, tutto il circonda, se non se in quanto un lampeggiar riluce per entro la caligine profonda. Cessa al fin l'ombra, e i raggi il sol riduce pallidi; né ben l'aura anco è gioconda, né più il palagio appar, né pur le sue vestigia, né dir puossi «Egli qui fue». (XVI, 69) Il contegno di Armida è una forma parossistica di lutto: 44

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==