Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

gue; ma più che un segno soggettivo dell'immaginazione, sembra un attributo di quest'«ora fatale», un elemento oggettivo, come un'impronta, un sigillo. Il sangue riempie gli sguardi, pervade la persona e gli stessi sentimenti dei due guerrieri («sanguinosi guerrieri»); nel suo cuore ignaro, «folle», Tancredi «gode e superbisce» per il sangue che esce dalle «piaghe» del «suo nemico». Il motivo si propaga come una torbida energia, finché improvvisamente si rischiara nelle immagini della morte, e si raccoglie in note tenere e delicate. La grazia femminile di Clorinda è raccontata con l'offesa mortale che riceve, anzi si riconosce quasi solo nei segni di questa offesa: la punta della spada che beve dal bel seno; il caldo fiume di sangue che riempie la veste trapunta d'oro. Non si vede più la nera armatura della sortita notturna («infausto annunzio!»), ma solo questa veste che stringe le mammelle «tenera e leve». La femminilità di Clorinda, diceva il Momigliano (lui per tutti), si rivela nel momento in cui «languisce e si spegne»; e sentiva piangere, nell'«intero episodio», la «consapevolezza di un tragico destino»18 • Ma noi insistiamo sul segno del destino che sottomette la parola. La mano «nuda e fredda», alzata «verso il cavaliera», gli dava «pegno di pace»: è il gesto con cui Clorinda si congeda dalla vita. In questa forma passa la bella donna, e par che dorma. (XII, 69) L'accordo tra la chiusa e l'inizio -Ma ecco ornai... - denota un distacco contemplativo, come se il pathos di questa morte fosse annidato nell'ora, nelle cose. Sembra dunque che il poeta abbia letto in quel disegno superiore, con l'ora segnata, anche la forma dellamorte di Clorinda. Era quanto doveva raccontare: questa forma, appunto, che tutti adesso possono conoscere. 38

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