Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

l'animo [la ragione] è precipitata dal suo seggio, o è costretta a patteggiare con la morte e a concedere al senso, già lusinghiero, ora tiranno, gran parte de la signoria. Una forma d'incubo, che, anche per precise connotazioni - i fantasmi orribili e spaventosi, la ragione costretta a patteggiare con la morte, la tirannia del senso -, si può accostare alla selva incantata di Saron che nella Gerusalemme liberata si oppone dal basso - «tra solitarie valli» - alla città santa, posta su due colli, e forma - anche per l'ordine testuale - il «centro impuro»15 del poema contro la città, centro del mondo e vertice dell'azione eroica. Eppure, il lume dei sensi che affiora nelle passioni d'amore e negli «errori» della Liberata tiene congiunti il corpo e l'anima, anche nei momenti più voluttuosi e perduti. La sirena dell'Orante prelude agli amori di Armida e Rinaldo con queste «note»: Goda il corpo sicuro, e in lieti oggetti l'alma tranquilla appaghi i sensi frali. (Lib., XIV, 64) Così la visione del Cataneo, aperta su esempi e simboli di «tumulto», «sedizione», «discordia», e pervasa da una certa tetraggine controriformistica, sembra significare un'aberrazione che la stessa materia amorosa della Liberata concorre a scongiurare, proprio come in qualchemodo smentisce l'orrore della foresta di Saron. Questa materia, adombrata in accertabili concordanze dal testo dottrinale, declina in una verità tutta tassiana anche il pensiero platonico, più volte dichiarato16 , che gli stessi amanti ciechi e lascivi «niente altro bramano che di fruire la luce della Divinità» e ne cercano il riflesso «in questa massa caduca e corruttibile de' nostri corpi». 35

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