Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

e con un dolce ventillar gli ardori gli va temprando de l'estivo cielo. Così (chi 'l crederia?) sopiti ardori d'occhi nascosi distempràr quel gelo che s'indurava al cor più che diamante, e di nemica ella divenne amante. (Lib., canto XIV, ott. 66-67) Sono gli occhi chiusi a far percepire più vivamente il potere asserito dalla conclusione amorosa: «or che fia s'ei li gira?» ... «chi 'l crederia?»: quegli occhi nascosti sciolsero il gelo adamantino di un cuore nemico. La gioia degli occhi, «principio e fine d'amore», ferma Tancredi mentre sta per affrontare Argante in duello: là vicino, «sovra un'erta», è apparsa Clorinda, «l'alta guerriera». Bianche via più che neve in giogo alpino avea le sopraveste, e la visiera alta terrea dal volto. Tancredi «sol di mirar s'appaga» e dimentica il dovere delle armi e l'onore. È un breve indugio: quando l'eroe «invitto» scenderà a combattere accanitamente contro il «fero Argante», sembrerà mosso, più che dall'eccitazione della sfida e da desiderio di gloria, dal rimpianto per il suo sogno luminoso, di nuovo svanito; un rimpianto invincibile, come il senso di colpa che lo inasprisce: e vuol che 'l suo valor con chiara emenda copra il suo fallo e, come suol, risplenda. (Lib., VI, 26, 27, 36) È ancora la fascinazione degli sguardi a ordire il racconto, che Tirsi fa al coro, di come Aminta salvasse Sil32

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