Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

te che frequentava, che una irrequieta sospettosa solitudine. Allora nel segno esiguo di quella scansione, portata dai titoli nella scrittura, noi sentiamo battere il tempo del carcere e quello consumato in un'altra angoscia, un tempo di fuga, assurdo e comprensibile, cominciato dopo la liberazione da Sant'Anna. È come se l'insistenza dello stilema che accoppia i soggetti, titolo dopo titolo, e l'accordo continuo con le celebri denominazioni platonichePedone e l'anima, Fedro e la bellezza, Timeo e la natura - imprimessero nella redazione dei dialoghi una formula d'esorcismo contro la solitudine, che intanto si rivela irreparabile, e sempre uguale e diversa. Questa forma del tempo, esatta e tenace, inerente alla scrittura, e individuata per prima - non casualmente, se, come assicurava Barthes, nell'ordine del discorso ciò che si nota è per definizione notevole-, potrebbe guidarci a riconoscere il motivo originale dei Dialoghi, e a ricomporre nella continuità e nell'inesauribile variazione di questo motivo anche i frammenti della vita dell'autore che ritornano a noi dal testo. Non parliamo di cose passate-ferme e spente nel rigore della documentazione-, ma di una «pluralità d'incanti»1 che si svolge al presente, nella lettura, in cui il tempo dell'autore affiora come un ritmo, un respiro. E i frammenti di quella vita possono venire a noi da qualunque punto del testo, non solo dalle pagine da tutti indicate (e stralciate) come le più suggestive: le pagine d'apertura del Padre di famiglia, intrise di «un temperato lume d'autunno»2 e dedicate al ricordo di una generosa patriarcale ospitalità, che una volta confortò il poeta nel suo vagabondare; la prima parte del Messaggiero, intrecciata di fantasie ai limiti del Barocco; le dolenti testimonianze della stanchezza inquieta e dello stato di prostrazione degli anni più tardi. Il motivo che dà senso e coerenza all'insieme dei dialoghi consente di scoprire il gesto di Torquato, un tratto della sua sensibilità, una sua angustia o una sua aspettativa, anche nei soggetti e nella 23

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