Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

quel tal luogo, alle stanze dove io dimorava, alle vie, alle case che io frequentava; le quali rimembranze non consistevano in altro che in poter dire: qui fui tanto tempo fa; qui, tanti mesi sono, feci, vidi, udii la tal cosa; cosa che del resto non sarà stata di alcun momento; ma la ricordanza, il potermene ricordare, me la rendeva importante e dolce. Ed è manifesto che questa facoltà e copia di ricordanze annesse ai luoghi abitati da me, io non poteva averla se non con successo di tempo, e col tempo non mi poteva mancare. Però io ero sempre tristo in qualunque luogo nei primi mesi, e coll'andar del tempo mi trovava sempre divenuto contento ed affezionato a qualunque luogo. Colla rimembranza egli mi diveniva quasi il luogo natio. La condizione angosciosa così descritta non è infatti diversa da quella di un bambino che procede timidamente lontano dalla madre, cercando con tutti i sensi i segni rassicuranti della sua presenza o il ricordo rassicurante di precedenti passaggi, né è dissimile da quella del primitivo che vive le angustie e i terrori di una natura sconosciuta e indomabile. Come è noto il contributo principale di R6heim si fonda soprattutto sulle ricerche condotte sul campo, vivendo per quasi quattro anni con gli aborigeni australiani la loro stessa vita. La terra delle sue esplorazioni sembrava rappresentare la proiezione sulla natura di una figura materna arida e maligna. L'ambiente, osserva Roheim «è tutt'altro che propizioall'indigeno dell'Australia Centrale; nel migliore dei casi gli è propizio solo saltuariamente e in modo avaro; un paese dove per dire accampamento si dice acqua, e siccità e carestia sono le sciagure più temute; quando R6heim vi giunse non vi pioveva da nove anni e i letti dei fiumi erano asciutti e sabbiosi. I pochi indigeni vi campano di raccolta e di caccia, in tribù di qualche centinaio d'individui, nomadi e nudi; senza riparo se non 191

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