Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

si saprebbe come altro trattarli. NoN suggerisco che l'oggetto o l'azione concreta debbano servire da preludio all'accesso al simbolo in analisi, nemmeno con i pazienti più regrediti o psicotici, come proponeva Madame Sechehaye per esempio. Dico semplicemente che parlare di attacco al seno non è necessariamente sinonimo di avere toccato con mano le angosce arcaiche, come se l'uso della parola seno garantisse lo stabilirsi di quel «collasso» temporale e topico che immetterebbe negli arcaismi della mente. Una tecnica basata sulla falsa magia della parola favorisce, per di più, la produzione indesiderabile di Un apprendimento di vocabolario e di schemi di significato fisso da parte del paziente. Mi sembra che questo sia il caso della seduta ventinove riportata sopra. Ad ogni interpretazione di M. Klein di attacchi rivolti contro la madre Richard risponderà, dimostrando di aver capito il meccanismo, che si tratta del seno della madre. Infine, la ripetizione costante della procedura interpretativa consistente nell'adoperare certe parole chiave, perché a esse, teoricamente, corrisponderebbero certi contenuti, angosce e difese primordiali, lascia nel lettore una sensazione di prevedibilità. Anche lui ha imparato il meccanismo. Ciò conduce, inevitabilmente, a un appiattimento della ricchezza della singolarità di ogni soggetto, proclamata e dimostrata da Freud. Dal punto di vistadellaparola, nella sua potenzialmente infinita dovizia, questo trattamento linguistico impoverisce le risorse di analista e paziente26 • Ma, naturalmente, ogni teoria della tecnica della psicoanalisi trova la sua ratio in una certa concezione teorica circa il funzionamento dell'apparato psichico. Qual è la differenza, non esplicitata, che sta alla base di questo divario tra le procedure di Freud e quelle della Klein nel caso Richard? 181

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==