Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

zio. Il mutamento delle lingue, come d'altronde la loro molteplic\tà reale, risponde alla mutevolezza dell'uomo, alle distanze, alle esigenze culturali, e ciò appare evidente. Meno ovvia e ben più importante, giacché è su quella che si esercita il genio dantesco, è la ragione invocata nella Commedia: Opera naturale è ch'uom favella; 130 ma così o così natura lascia poi fare a voi, secondo che v'abbella23 • Ben più importante perché è nello spazio che il poeta ricava tra l'opera della natura e del Naturante, tra il riconoscimento del limite impostogli dal mito e l'abbandono di ogni nostalgia regressiva, che egli potrà, con il suo fare con la lingua e sulla lingua, realizzare la sua opera creativa: dall'Uno al molteplice, «secondo che v'abbella», poiché il desiderio e il bello sono sulla strada della creazione. E qual è la natura di questo volgare che s'innalzerà a intensità mai prima raggiunte? ...Chiamo lingua volgare quella alla quale i bambino sono avvezzati da chi sta loro appresso, quando dapprima cominciano ad articolare le parole; ovvero, poiché si può dirlo più in breve, affermo essere lingua volgare quella che si apprende senza norma alcuna imitando la nutrice.24 La facoltà di linguaggio è stata concessa all'uomo, ma essa da sola non basta, l'essere parlante deve imitare l'essere parlante che gli sta da presso. Come se Dante anticipasse nei tempi la corretta risposta al dibattito che oppone falsamente l'innato e l'acquisito, il codice genetico e la cultura. Ma Dante fa altro che proporre un'interazione tra la facoltà del linguaggio e il suo necessario apprendimento, e va oltre ciò che in realtà era noto a Lucrezio: «Invece le bestie, gli armenti, le belve/ crescono varie né 176

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