Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

dute del già citato D. Sperber, che fa una distinzione valida tra credenze fattuali e credenze rappresentazionali, categoria, quest'ultima, alla quale apparterrebbero i miti. L'esistenza di credenze rappresentazionali non deve essere necessariamente considerata una deficienza del sistema cognitivo; anzi, l'esplorazione di un insieme di interpretazioni determinato da rappresentazioni semiproposizionali come i miti genera nuove possibilità e ha una funzione creativa, oltre a consentire di rendere manifesti certi meccanismi fondamentali della mente14 • Il mito di Babele Se il tracciato che privilegia una lettura del mito tesa a cogliere il suo valore di rappresentante di meccanismi fondanti e fondamentali della mente, cioè il suo valore strutturale, e che sconsiglia invece una lettura simbolica in senso tradizionale, ha una certa consistenza, esso dovrebbe consentire di fare qualche passo in avanti nell'interpretazione del mito babelico. C'è un elemento centrale nella storia di Babele e in genere nella mitologia «delle origini». Nel caso specifico di Babele la storia propone uno stato originario, un'azione che provoca una punizione e introduce un clivaggio e infine uno stato a essa consecutivo, che viene poi identificato con la condizione successiva dell'uomo. Questo tipo di struttura acquista di per sé un senso. Essa istaura, istituisce, crea, sistemi che NON pre-esistevano al mito in quanto tale. Così facendo, la formula stessa del mito introduce il prima, il clivaggio e il dopo. Il mito riconoscerà dunque un doppio versante: da una parte - versante «regressivo» - esso farà esistere la lingua universale, lingua aderente ai referenti («nomina sunt consequentia rerum») in modo pristino e totale, dall'altra - versante «progressivo» - renderà conto di uno sta168

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