Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

del movimento, del flusso, sguardo mentale che si eleva (onde le ali sono fregiodelle tempieanziché mistericamente dell'occhio, così come la verità umana è un monogramma, tamquam pictura, e non un plasma o immagine tridimensionale21 ) solo in quanto si abbassa a scienza delle cose che mutano, a scienza dei tempi ovvero della storia che ha come sede la filologia e non l'ontologia, la mobilità policroma delle radici verbali (in quanto specchio del fare umano che è sempre significare, tradurre la natura in cultura) e non l'immutabilità degli enti. Lo specchio è appunto il tramite dell'inveramento, nel senso che pone in atto la conversione tra verum e factum, tra dimensione del senso e metamorfosi del significante, in cui i regni di rovine, i muti reliquiari del passato si trasformano in «grandi lumi», si aprono alla curvatura della ciclicità che li attraversa, che va proiettata su di essi. «I grandi frantumi dell'antichità, inutili finor alla scienza perché erano giaciuti squallidi, tronchi e slogati, arrecano de' grandi lumi, tersi, composti ed allogati ne' luoghi loro»22 • Il latere era in tal senso latere dell'immagine speculare, il restare ignota di un'immagine composta non ancora sviluppatasi nel fondo dello specchio, ossia il restare ignota dell'operazione capace di portare alla luce il vero latente nel certo della storia umana. Lo sforzo di indicare nell'impurità della scrittura la purezza della visione eidetica, di proiettare l'eroismo nel cuore della malinconia (quella stessa che notoriamente affliggeva Vico, che si descrive nell'Autobiografia come un sopravvissuto «di una natura malinconica ed acre»23 ), è effigiato nell'impresa come possibilità di portare alla luce ciò che restava latente ed ignoto pur esprimendosi al rischio dell'annientamento. La malinconia eroica di Vico è così il suo incunearsi attraverso la farragine di una scrittura oscura, involuta, sempre tentata dal ricorso etimologico, nella densità figurale delle origini, che continua ad agire ed è intrisa nella nostra parola, specie quando si apre alla 145

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