turno è la sfera del filosofo in quanto zona limite tra ideale e corporeo, luminosità del mondo delle idee e opacità greve del moto dell'astro, fulgore della visione e indigenza della scrittura. Vi è in effetti una vaga affinità tra la celebre Melencolia I di Di.irer e l'impresa vichiana. I larghi pepli della figura alata, l'attitudine contemplativa, la disseminazione degli emblemi che attraversano e giacciono inerti sul fondo della «dipintura». Le raffigurazioni della melanconia la effigiano con una mano stretta a pugno sulla guancia (sintomo patognomonico e indice di rimuginazione ossessiva), mentre l'altra reca un attrezzo angolare come il compasso, simbolo della «mensura». Qui il triangolo poggia sull'aspetto tetragono del plinto e la contemplazione è oggettivata nella forma circolare dello specchio, che posa a sua volta sulla circolarità della sfera. Questi strumenti, come vedremo subito, tendono a elevarsi in configurazioni, in campi di senso o strutture geometriche che attraversano la figura. Il movimento dello sguardo è verso il basso e a destra, in inversione speculare rispetto alla dipintura, in cui la donna è estaticamente protesa, come l'intera immagine, verso la fonte della luce in alto a sinistra. La tavola della dipintura, originariamente apposta in sostituzione di una novella letteraria, doveva per Vico servire a «restrignere l'idea dell'opera in una somma brievissima»14 , consentendo al «leggitore» di «concepire l'idea di quest'opera avanti di leggerla», in una visualizzazione del senso dell'opera che diventa poi un ausilo mnemotecnica per ripercorrerla15 • L'impresa, invece, suggella la sua opera nel senso più lato e più forte, l'instauratio della scienza nuova. 4. IGNOTA possiede per Vico studioso del nesso tra geometria e musicalità del linguaggio16 , il suono più esile I che indica la linea retta (il plinto a sinistra, su cui è posta l'iscrizione), il suono pieno O che indica la linea circolare (la sfera su cui è posto lo specchio convesso a de141
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==