Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

sona evidenzia la funzione comunicativa propria di ogni realizzazione discorsiva, ma - ed è qui il punto essenziale - la diluisce il più delle volte nei plurali generalizzanti. Là dove, invece, je emerge in quanto soggetto individuale, nessun tu correlativo gli risponde (mancanza che compenetra l'angoscia dello scrittore che si nega come tale). Al di fuori dei casi segnalati poc'anzi, nessun interlocutore reale o potenziale si trasforma in destinatario testuale: il che torna a confermare il solipsismo fondamentale della scrittura di sé, congiuntamente al problema, connaturale agli Essais, del destinatario scomparso («Vous et un compagnon estes assez suffisant theatre l'un à l'autre, ou vous à vous mesmes», I, 39, 242a: si tratta del capitolo De la solitude). L'io del libro non dialoga altro che con se stesso e con la sua cultura che lo costituisce (dialogo acceso nel gioco semaforico delle citazioni), gli Essais altro non fanno che esplicitare un dibattito interiore, nel quale non sapremo mai quale ruolo svolga l'amico perduto. Libro dell'esilio interiore (si ricordi ancora De la solitude, 234a: «ce n'est pas assez de s'estre escarté du peuple [...] il se faut escarter des conditions populaires qui sont en nous; il se faut sequestrer et r'avoir de soy») e libro dal destinatario abolito, gli Essais operano tuttavia, tramite la retorica dell'enunciazione e gli artifici discorsivi utilizzati, la captatio di qualsiasi lettore, che vi si riconosce come destinatario; e addirittura, in simile testo «le lecteur [.. :] ne peut rester en position de tiers; il n'a pas d'autre choix que de se placer en position de destinateur. C'est un phénomène souvent constaté: chaque lecteur se connaft lui-meme dans les Essais ou dans la Règle du jeu, pour peu qu'il entre dans le jeu»14 • • • o per poco che entri nel je. Fausta Garavini 132

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