Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

statazione da parte del soggetto (viene applicata) o una dichiarazione (posso applicarla)? La distinzione è incerta, e la questione percorre tutti gli Essais. Infatti, già anteriormente alla sua prima pubblicazione(«Voire mais on me <lira que ce dessein de se servir de soy pour subject à escrire seroit excusable à des hommes rares et fameux...», II, 18, 646a), il libro pone, sotto forma di dialogo con un interlocutore «impersonale» - «ce On dont on fait partie» (Blanchot) -il quesito della sua legittimità - a cui l'esemplarità, presentata come configurazione dell'«humaine condition», offre dopotutto una risposta imperfetta, in quanto configura propriamente soltanto la condizione dell'intellettuale: «Il n'y a pas d'autoportrait qui ne soit celui d'un écrivain en tant qu'écrivain»11 • Le ben note, reiterate proteste degli Essais contro il mestiere del letterato (trascegliamo, fra le tante: «Quel que je soye, je le veux estre ailleurs qu'en papier [...] J'ay mis tous mes efforts à former ma vie. Voylà mon mestier et mon ouvrage. Je suis moins faiseur de livres que de nulla autre besoigne», II, 37, 764a) altro non sono che l'eco di quest'angoscia. Angoscia che trama il rapporto, dicevo, del je e dell'il, fra l'io e l'altro: ovvero i simili, a cui il libro si rivolge, quell' on di cui vanno respinte le obiezioni («Voire, mais on me <lira ...»), quell'on di cui non sempre è chiaro se si ponga in relazione contrastiva con je, ma che può essere interpretato come un je esteso o mimetizzato: quell' on insomma di cui je fa parte e che è anche una maschera non personale del je/tu. Arrivo al punto cruciale, fin qui rinviato, ossia: se je si costituisce in opposizione a il e nel rapporto con nous, che opera ad ogni istante nel movimento respiratorio del testo (je è costitutivo del nous di cui rappresenta la condensazione e, inversamente, nous amplifica e illimita il je annettendogli l'altro, permettendogli di definirsi come 128

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