Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

è - legiferare in materia di verità (credo superfluo ricordare che la questione non si pone in questi termini, che rivendicando il privilegio del giudizio Montaigne nonmanca mai di sottolineare l'insufficienza di tale precario strumento); bensì, al contrario, l'uso del nous generalizzante, «personne amplifiée» (Benveniste) che investe la totalità degli uomini, contempera (qui come altrove, secondo modalità diverse determinate dai contesti) il peso della singolarità. Camuffandosi sotto la pluralità protettiva del noi - che serve a passare dal soggettivo all'oggettivo - il je può talvolta proporsi come porta-parola della comunità, talaltra ritrarsi nel tentativo di esorcizzare la propria pur affermata particolarità - e dunque (per arrivare alla giustificazione del libro) riscattare la colpevolezza della scrittura di sé, vizio solitario, discorso solipsistico, che può legittimarsi solo in quanto tende all'utilità pubblica, ossia alla generalizzazione. È quanto risulta dal passo di III, 2 già enucleato, che converrà riprendere per esaminare il primo livello (b) della stesura, nei due segmenti separati dall'addizione più tarda. La domanda: «Mais est-ce raison que, si particulier en usage, je pretende me rendre public en cognoissance?», in realtà ha già ottenuto risposta qualche riga sopra: l'esemplarità è in certo senso l'alibi d'una scrittura che non potrebbe altrimenti addobbarsi di alcun pretesto di validità generale. Pertanto la vita umile e senza splendore che il je propone ed espone è dichiarata analoga ad una vita di più ricca sostanza, sulla base della formula celeberrima, che «ogni uomo porta in sé la forma intera dell'umana condizione» (diciamo: la forma essenziale che lo fa uomo, a cui però si compenetrano tutti gli accidenti che lo fanno particolare). Tutta la filosofia morale, di fatto, si applica con eguale facilità e costrutto ad una vita comune privata... Ma che significa si applica («on attache»)? È una con127

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