Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

nisce, per autodifesa, ad installarsi nella posizione del maftre: lo stesso barricarsi nel fortilizio dell'io giudicante significa l'occupazione d'un seggio da dove esercitare l'autorità che al soggetto necessita per affermarsi come tale. Ma è ancora su simile problema del giudizio, ovvero sulla cerniera del je e dell'il, che si gioca, consentaneamente al dramma del soggetto, quello imprescindibile e altrettanto vitale della giustificazione del hbro. Il jugement è tema specifico, principale e formalmente organizzatore degli Essais, che si costruiscono di necessità in funzione di esso. Ora, è qui che si sana, sull'articolazione del nous, il divario je-ils. Mentre infatti l'io si separa, giudicandoli e criticandoli, dagli altri (le monde, gli altri uomini, i destinatari del messaggio), si aggancia più o meno inopitamente al noi, inglobandosi nell'atteggiamento denunciato come criticabile: il soggetto non si autoesclude dal comune errore che sta riprovando. Estraiamo (ancora dalla zona testuale già indicata, ma provvisoriamente aggregando un altro esempio, per le comodità dell'esposizione). En cete eschole du commerce des hommes j'ay souvent remarqué ce vice, qu'au lieu de prendre conoissance d'autruy nous ne travaillons qu'à la donner de nous, et sommes plus en peine d'emploiter nostre marchandise que d'en acquerir de nouvelle (I, 26, 153a). Nel momentomedesimo in cui l'io si appoggia sulla propria esperienza individuale, sul proprio sguardo discriminante («j'ay souvent remarqué ce vice») per porsi come je in relazione agli altri, postula congiuntamente la propria appartenenza al consorzio umano e si definisce in quanto membro della società, identicamente soggetto al vizio e all'errore. La facoltà giudicante dell'io si troverebbe compromessa se intento del libro fosse - ma non 126

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==