Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

centro - se si voglia sdipanare un filo dall'intricata matassa -, il discorso del testo su se stesso, la cui dimensione capitale diventa la riflessione sull'atto dello scrivere: il livello metadiscorsivo dove «mon theme se renverse en soy» (III, 13, 1046c). Al centro dunque il je che si espone negli Essais, grado forte, luogo privilegiato dell'iscrizione del soggetto nel testo (ma è ovvio, ribadisco, che non solo nell'ambito del je linguistico vanno cercati i segni della presenza del soggetto, bensì in tutto ciò che l'iscrizione del je non assume e che può appartenere storicamente ma inconsciamente alla costruzione dell'io); il je in quanto locutore e (per abbreviare) quali che siano le istanze a cui questo je rimanda (soggetto dell'enunciato, soggetto dell'enunciazione - comunque indissociabili). Si prenda un esempio (fin troppo chiaro: ma così la questione verrà sbrigata più velocemente), dove si esplicita appunto il farsi del testo, che si produce come una disputa fra l'io e l'altro; «Les autres forment l'homme; je le recite» (III, 2, 782b) è solo il frammento più spesso citato fra tutti quelli in cui tale dibattito è più patente ed esibito. Poco più sotto, nella stessa pagina, il testo, locupletato da un'aggiunta dell'ultimo tempo, «recita»: 124 (b) Je propose une vie basse et sans lustre, c'est tout un. On attache aussi bien toute la philosophie morale à une vie populaire et privée que à une vie de plus riche estoffe; chaque homme porte la forme entiere de l'humaine condition. (c) Les autheurs se communiquent au peuple par quelque marque particuliere et estrangere; moy, le premier, par mon estre universel, comme Michel de Montaigne, non camme grammairien, ou poete, ou jurisconsulte. Si le monde se plaint de quoy je parle trop de moy, je me plains de quoy il ne pense seulement pas à soy. (d) Mais est-ce raison que, si particulier en

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