Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

exempts de cette passion», e alla fine «le suis peu en prise de ces violentes passions. J'ai l'apprehension naturellement dure; et l'encrouste et espessis tous les jours par discours», si riconoscerà in tali interventi la necessità da parte del soggetto (il quale in altre numerose occasioni confessa la propria vulnerabilità, segnatamente in III, 10) di autoescludersi da quegli eccessi, di salvaguardarsi dai guasti delle emozioni che devastano l'individuo che, nella fattispecie, lo privano di parola, dunque di esistenza: poiché il linguaggio è tutto ciò che abbiamo per far ostacolo alla morte, al silenzio, al vuoto, e la parola (la scrittura) degli Essais è la sola garanzia di sopravvivenza. La ragione cerca così di tenere a bada i «mostri», dichiarandoli controllabili, addomesticabili. Ma l'irruzione del je che, a livello della stesura del 1588, si fa portavoce di questa reazione difensiva e compensatoria, esplicita semplicemente il nodo problematico intorno a cui si aggrovigliava la primitiva redazione. I mostri imperfettamente ammansiti sfoderano ancora gli artigli: e l'io s'inalbera contro ciò che rischierebbe di metterlo in questione radicalmente. Ovvero: che cosa mai spinge lo scrittore a rileggersi continuamente e, rileggendosi, a soffermarsi su certi luoghi piuttosto che su altri, ad inserire aggiunte di cui il testo non necessiterebbe (e che di fatto altrove, in situazioni testuali perfettamente simili, non vengono inserite), se non una forza oscura che riapre le ferite non cicatrizzate? Un soggetto frammentato, una parola fondamentalmente eterogem;a: si tratta, in breve, della concezione, prodotta nella lettura lacaniana di Freud, del discorso attraversato dall'inconscio. Non vi è centro per il soggetto al di fuori dell'illusione e del fantasma, ma la funzione di quell'istanza del soggetto che è l'io, è appunto d'essere portatrice di questa lusinga necessaria: la rappresentazione (fallace) dell'enunciazione è la strategia protettiva 122

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