Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

e detti memorabili) in voga nel Rinascimento - in realtà non interessano quasi nessuno, mentre virtuosistiche analisi vengono dedicate ai capitoli più tardi, dove emerge la peinture du mai (come se il criterio della «personalità» o «impersonalità» d'un testo si fondasse sul fatto che l'autore parli o non parli di se stesso...). Montaigne invece, fin da principio, scrive per scriversi, e in forme segnate dall'emergenza del je. Non solo la sua strategia dell'enunciazione disloca il valore referenziale dell' exemplum, ma gli esempi medesimi non rispondono unicamente all'intenzione generica di costituire un emporio di curiosità, un repertorio di comportamenti atto ad illustrare la varietà e le contraddizioni dell'umana natura. Anzi: quegli aneddoti significano che il soggetto è direttamente, intimamente toccato dagli atteggiamenti che osserva nei suoi simili e li registra come testimonianze sia di tendenze che riconosce in se stesso sia, al contrario, di inclinazioni aliene da sé. Ad ogni esempio, cioè, è sotteso un interrogativo: che cosa farei io, Miche! de Montaigne, in circostanze analoghe? Domanda che riassume, al limite, tutta la quidditas degli Essais: «saggiarsi» è mettersi nei panni altrui, è cercar di vivere, attraverso gli altri, per interposta persona, tutte le esperienze che non si possono vivere nel proprio quotidiano; è allargare la propria limitata esistenza reale nelle direzioni infinite delle proprie esistenze possibili (non sarà un caso che Wayne C. Booth, The Rhetoric of Fiction, faccia un posto a Montaigne fra i prodromi di Tristram Shandy). I personaggi evocati negli Essais sono maschere del soggetto. Per spiegarmi: nel re egizio Psammetico, nel cardinale di Lorena e in tutte le figure inebetite dal dolore - o da qualsivoglia «passione» eccessiva - e incapaci di esprimerlo che sfilano nel capitolo De la tristesse (I, 2), prende forma l'ossessione del soggetto scrivente, l'incubo dell'inibizione di parola. Se poi nella successiva versione Montaigne aggiunge all'inizio del testo la frase «le suis des plus 121

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