Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

commancé de les mettre en rolle, esperant avec le temps luy en faire honte à luymesmes (I, 8, 34a). Fantasie, «reveries» - secondo l'interpretazione corrente e banalizzante - di cui occorre canalizzare il flusso capriccioso per evitare che il pensiero si disperda? Io credo invece che si debba attribuire un senso assai più forte a quei mostri e chimere, che nelle prime righe del capitolo vengono assimilati, non a caso, alle «herbes sauvages et inutiles» e agli «amas et pieces de chair informes» generati rispettivamente dal ventre della terra e dal ventre delle donne. Ciò che Montaigne sembra esprimere qui è la constatazione quasi stupita che delle forze misteriose - venute da dove? - si sono impadronite del suo pensiero cosciente e razionale. Sarebbe scandaloso ipotizzare che queste forze che lo scrittore scopre - e la scoperta è fondamentale - lasciando il suo «esprit» libero e ozioso «s'entretenir soy mesmes», siano i fantasmi che emergono dalle profondità del suo inconscio? Non mi sfugge, sia chiaro, che l'espressione «chimeres et monstres fantasques» è, all'epoca, di uso relativamente corrente, ad esempio nell'ambito delle arti figurative. Queste parvenze informi o deformi che si accumulano «sans ordre et sans propos» si collegano probabilmente alle «peintures fantasques» del capitolo De l'amitié, dove Montaigne abbozza una descrizione del suo procedere (suggerita appunto dal paragone con la pittura), raffrontando gli Essais a «crotesques et corps monstrueux, rappiecez de divers membres, sans certaine figure, n'ayants ordre, suite ny proportion que fortuite» (I, 28, 181a). Vasari, peraltro, definisce le grottesche «sconciature di mostri» e Cellini, a proposito delle decorazioni ritrovate alla fine del Quattrocento nella Domus Aurea, scrive che «mostri è il vero lor nome e non grottesche»7 • Ma si sa che il luogo cosiddetto comune può essere, a seconda dei contesti, luogo d'insorgenza del particolare: e non credo sia arbitrario leg117

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