Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

composizione degli Asolani, quanto per mettere a fuoco la reiterata diffidenza per quegli scrittori del Quattrocento fiorentino che quando ancora voi, per meglio sapere scrivere, abbiate con diligenza cerchi e ricerchi i vostri auttori, pure poi, quando la penna pigliate in mano, per occulta forza della lunga usanza, che nel parlare avete fatta del popolo, molto di quelle voci emolte di quellemaniere del dire vi si parano, mal grado vostro, dinanzi, che offendono e quasi macchiano le scritture, e queste tutte fuggire e schifare non si possano il più delle volte; il che non avviene di coloro, che lo scrivere nella lingua volgare dalle buone composizioni vostre solamente, e non altronde, hanno appreso (I, XVI). Carlo Bembo non fa nomi, né li fa più avanti, nel capitolo diciotto, rispondendo alle confutazioni di Giuliano de' Medici, secondo il quale anche le lingue «si vanno o poco o molto cangiando, sì come si cambia il vestire, il guerreggiare, e gli altri costumi e maniere del vivere»; di ciò gli scrittori non possono non tener conto, come seppero fare Dante, e dopo di lui Petrarca e Boccaccio, nei confronti di un parlare fiorentino che era «negli antichi tempi rozzo e grosso e materiale, e molto più oliva di contado che di città» (I, XVI). L'argomentazione in contrario di Carlo è senza dubbio debole - e sembra limitarsi a voler colpire coloro «che popolarescamente scrivono». Ma probabilmente nonha torto Baldassar Castiglione, nel suo Libro del Cortegiano7 nel volere alla tesi qui esposta per bocca del fratello da Pietro Bembo, la sua estensibilità non solo a «la tradizione burchiellesca e del Pulci»8 , ma, più in generale, a poeti e scrittori quali Poliziano o Lorenzo de' Medici, cui il Castiglione aggiunge Francesco da Diacceto, oggi quasi del tutto sconosciuto, ma che ebbe fama ai suoi tempi. 104

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==