Il piccolo Hans - anno XVII - n. 68 - inverno 1990-1991

di assistere a una lite esacerbata. In realtà, si trattava della voce di un filosofomarxista ungherese che teneva una conferenza nella quale analizzava qualche aspetto della teoria estetica di Gyorgy Lukacs. Le abitudini vocali permanenti di questo filosofo-ascoltato dagli uditori per la prima volta, e in una lingua sconosciuta - furono interpretate in termini di emozione e di atteggiamento. Gli ascoltatori hanno rimotivato questi gesti vocali, ed hanno in questo modo interpretato, involontariamente, il messaggio caratteriale che questi comportavano. Come potrebbe essere studiato il rapporto che si presuppone esista fra il messaggio emotivo e il messaggio caratteriale? Come controllare l'ipotesi secondo la quale i messaggi caratteriali possono essere concepiti come messaggi emotivi permanenti? Dobbiamo risolvere due problemi alla volta: noi non conosciamo i tratti distintivi fonetici dei messaggi caratteriali, e nemmeno i tratti caratteriali del Signor X, che abbiamo appena registrato. Ora, è impossibile risolvere un'equazione a due incognite, che avrebbe un numero infinito di soluzioni. Si possono, peraltro, studiare i tratti fonetici ricorrenti del parlato di un tipo caratteriale determinato in anticipo: possiamo per es. chiedere a degli attori di leggere un testo interpretando personaggi diversi con caratteri opposti: volitivo vs. indeciso, dolce vs. aggressivo, ecc. Ascolterete un attore di teatro ungherese che legge un testo in prosa (che parla dell'inaugurazione del primo ponte di collegamento fra Buda e Pest). Egli leggerà il testo interpretando via via i ruoli di un «amoroso», d'un generale, e di un parrucchiere chiacchierone. Starà a voi indovinare in quale ordine si manifesteranno questi caratteri. A partire da queste registrazioni, tutti e tre i caratteri sono stati identificati correttamente dai venti soggetti ungheresi presenti (su venti). 92

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