Il piccolo Hans - anno XVII - n. 68 - inverno 1990-1991

no del testo come i fili intrecciati di un'unica tensione sperimentale. Si può accennare tuttavia all'interesse reciproco fra F6nagy e il suo maestro Hermann, che non verte tanto su determinati contenuti disciplinari, quanto innanzi tutto sulle forme stesse delle "procedure" scientifiche. Già nel 1943 F6nagy incontra Hermann, attirato dall'interesse dei suoi studi sulle procedure della logica3 , mentre più tardi, all'epoca del presente saggio, Hermann stesso conferma verso gli studi sulle forme dinamiche musicali e fonetiche condotti da F6nagy4 un interesse che era già stato di Holl6s, che nel '43 lo aveva assunto come proprio «consigliere linguistico». Questo scritto è la trascrizione di un esperimento nella sua forma classica: ipotesi (se si aumenta il rumore esterno, o se lo si diminuisce «sotto zero», amplificando la voce del parlante, nella fonazione si osserverà qualche tendenza significativa - gli Autori immaginano dapprima di trovare un rapporto di reciprocità); esperimento (condotto con strumenti di laboratorio), verifica (che smentisce le aspettative e conduce a una diversa conclusione). Assolutamente originale è l'ipotesi: in un campo di ricerca tradizionalmente dominato da ricerche sperimentali chiuse in una prospettiva neurologica e in un orizzonte comportamentista, gli Autori, invece, impostano il problema assumendo senz'altro che l'apparato psichico abbia una sua sussistenza dinamièo-spaziale, come portando sulla scena del laboratorio fonetico il «berretto auditivo» de L'io e l'Es. L'ipotesi ha anche qualcosa dell'«alta fantasia» kantiana, nell'escogitazione di un meccanismo che consente di andare a lavorare su «quantità negative», ovvero «in circostanze inusuali»: se si alza il volume della voce del parlante, il rumore esterno scenderà «sotto zero». L'esperimento, che comporta anche la registrazione dei sintomi della resistenza dei soggetti, viene condotto e descritto in termini così determinati, da costituire una sorta di «scena teorica», un'ambientazione formale di grande concretezza. La verifica dei risultati, infine, incontra dapprima l'occasione ambigua di una conclusione facilitata «per analogia», possibilità che, invece, gli Autori trascurano di seguire, scoprendo, al contrario, che il non-finito del dato sperimentale (i risultati del secondo tipo «inusuale», di esperimento appaiono incoerenti e indeterminati), cioè proprio questa sua apparente mancanza di interesse, è «informativa di per sé»: gli Autori sono riportati a considerare in termini più complessi la dinamica percettiva. In generale, non è raro trovare anche in altri scritti, sia di Hermann che di F6nagy, la lezione di metodo che qui vediamo in miniatura: cioè la capacità di superare i punti di inerzia dei sistemi interpretativi e di guardare ai fenomeni al di là dello «spettacolo dell'interesse». Paolo Bollini 69

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