Il piccolo Hans - anno XVII - n. 68 - inverno 1990-1991

amori per correre a morte: ogni lettore non troppo distratto non può evitare di rammentare una rima corrente come amore: more, e quante volte il Petrarca comincia a poetare con amore e conclude con morte. Ma poi !ORI! tien dietro a /URO/ di furo e ad /ARO! di passaro, sì che questo verso, che {URO al tempo che passARO i MORI, coi suoi stringenti che... che, tira via sbalestrando sul ciglio di certi arguti divertimenti palazzeschiani. Mori è presto seguito da mare, anagramma di arme (senza inversione vocalica). Sono relazioni non solo paronomastiche (non rara in Dante la cosiddetta etimologia poetica, come con oro sost. e arare, che dunque può per questo sostituire pregare), che con la Commedia e il Canzoniere petrarchesco non si finirebbe presto di esemplificare. Qualche metatesi dantesca: arme-Marte, Par. XVI 47; muri-armi, Inf XVII 2; PalERMO - mora, Par. VIII 75. Ma si veda la squisita rete tessuta dal Petrarca nel son. XXXVIII: Orso, e' non fURO MAI fiUMI né stagni, né MARe, ov'ogni rivo si disgOMbRA, né di MURO o di poggio o di RAMO OMbRA, né nebbia che 'l ciel copra e 'l mondo bagni, né altro impedimento, ond'io mi lagni, qualunque più l' UMAna vista ingOMbRA, quanto d'un vel che due begli occhi adOMbRA, et par che dica: Or ti consUMA et piagni. Et quel lor inchinar eh'ogni MIA gioia spegne o per hUM/ltate o per argoglio, cagion sarà che 'nanzi tempo i' MOIA. Et d'una bianca MANo ancho mi doglio, eh'è stata sempre accorta a fARMi noia, et contra gli occhi miei s'è fatta scoglio. Nella nostra ottava mare è ripercosso da AgraMAntE e 62

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