Il piccolo Hans - anno XVII - n. 68 - inverno 1990-1991

Nella odierna poesia in dialetto tende dunque a riprodursi uno schema analogo a quello che caratterizza la poesia delle origini: i neodialettali come nuovi «fabbri del parlar materno»19 • La descrizione fornita da Terracini per i primi secoli della nostra letteratura si rivela imprevedibilmente appropriata anche per il poeta di oggi. Si tratta di un parlare vivo e popolaresco che si arricchisce e si complica di forme culturali più fini e complesse passando da un soggettivismo che sa di elementare a una stilizzata capacità di esprimere l'universale.20 Nella poesia neodialettale l'oralità cessa così di essere una condizione pragmatica, legata al momento della ricezione, come accadeva per gli autori della prima metà del secolo, per divenire una sorta di struggent� a priori. La voce umana non è più chiamata a intervenire nel momento della circolazione del testo, che avviene ormai completamente attraverso il canale della pagina scritta. Se un tempo il cammino dell'opera si compiva dallo scritto in direzione del parlato, oggi accade esattamente il contrario: il poeta parte dal parlato che risuona nella suamemoria, ma solo per tradurlo, giocando sugli effetti di novità che ciò comporta, in una sequenza di grafemi. Il che ci rinvia ancora una volta al problema dei pubblici di riferimento. Il poeta dialettale sfrutta le sottili suggestioni provenienti dall'utilizzazione in un ambito grafico di un codice che, come ha mostrato Olson21 , non concentra il significato nel linguaggio stesso, ma lo delega al contesto. E non si dimentichi che, dai frammenti di molti romagnoli agli esili organismi metrici di Scataglini, la poesia dialettale non esita a sua volta a fare ricorso all'organizzazione tipografica, agli spazi bianchi, che diventano parti integranti del testo, esattamente come nella produzione in lingua. Se la poesia fino al primo Novecento era una poesia per l'orecchio, quella successiva è stata invariabilmente per l'occhio. 49

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