erotiche. E infatti quell'universo chiuso, stando alla costruzione mitologica e romanzesca confezionata dall'autore, non avrebbe mancato di dargli il suo ostracismo: «No ti pos perdonàighi tu, Friùl / cristiàn, a un che la to lenga sclava / ta un còur cialt di peciàt al dispeava»16 . Questo meccanismo contrastivo si riproduce nella poesia neodialettale, dove quella lingua del passato che è il dialetto serve a fornire un'immagine più bruciante del mondo di oggi. La tensione tra l' humiltas della parola e l'ampiezza degli orizzonti culturali, tra il dialetto contadino e la cultura à la page, tra il lessico e la sintassi costituisce uno dei tratti ritornanti della poesia dialettale dei nostri giorni. Eppure è proprio a questo livello che l'oralità, anche se con una funzione ora completamente diversa, torna ad affacciarsi sull'orizzonte del poeta neodialettale. Di nuovo illuminante a questo proposito l'esperienza di Pasolini. Accennando al friulano nell'introduzione alla sua antologia dialettale, il giovane poeta ne sottolineava il «sapore "romanzo", così castamente penetrato nel paesaggio - ,la cui rusticità equivale a una lontananza nel tempo»17 • In un altro appunto in margine alla propria esperienza friulana Pasolini osservava che le suggestioni della scrittura dialettale nascono dal vedere per la prima volta rappresentata graficamente una parola fino ad allora esclusivamente vissuta nella dimensione orale: In una mattina d'estate del 1941 io stavo sul poggiolo esterno di legno della casa di mia madre. Il sole dolce e forte del Friuli batteva su tutto quel caro materiale rustico. Sulla mia testa di beatnik degli anni Quaranta, diciottenne; sul legno tarlato della casa e del poggiolo appoggiati al muro granuloso che portava dal cortile al granaio: al camerone. Il cortile, pur nella profonda intimità del suo sole, era una specie di strada privata, perché vi aveva diritto di passaggio, fin dagli anni precedenti la mia nascita, la famigHa 47
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