Il piccolo Hans - anno XVII - n. 68 - inverno 1990-1991

pagare in parte, e d'opera d'inchiostro; né che poco io vi dia da imputar sono; che quanto io posso dar, tutto vi dono (I,3) dirà Ariosto, nella protasi del Furioso, rivolgendosi al cardinale Ippolito d'Este: ove non vi è chi non veda, implicita, l'alta coscienza di sé e della propria auctoritas letteraria che al "cortegiano" della corte di Ferrara mai venne meno. 2. Oralità e discorso diretto nel Furioso Si può essere d'accordo, ma solo parzialmente, con Edoardo Sanguineti, che, nella sua nota di commento alla edizione Garzanti del Furioso21 , La macchina narrativa dell'Ariosto, osserva che «non si tratta dunque tanto del1'analogia tra la follia amorosa dell'autore e pazzia erotica dell'eroe, né del cantuccio morale che il poeta si ritaglia e si riserva in limine ai canti», quanto «del Furioso come procedimento che si dichiara, della macchina costruttiva che espone le proprie articolazioni». Si tratta, egli oppone, di porre l'accento su «un'analisi strutturale dell'Orlando», sempre che, se si voglia che tale analisi sia «operazione piena di senso, al solito, se la si intende come via regia per una decifrazione ideologica». E se, a parere di Sanguineti «anche la memoria puntuale della comunicazione orale, la restituzione sopra la pagina del circolo cortese del signore e degli uditori... sono indotte in citazione, e sono ritrovamento e perfezionamento di una norma architettonica precostituita», ciò che mi sembra di potere obiettare è proprio il fatto che tali procedimenti - certo tratti dalla tradizione, «citazioni» - entrano a far parte direttamente della «macchina costruttiva» (e comunicativa) del poeta, sono un elemento, tra gli altri, di quella finzione di «oralità» e di «voce» cui Sanguineti stesso fa riferimento. 190

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==