Il piccolo Hans - anno XVII - n. 68 - inverno 1990-1991

which is not, and which is non-representational. This has nothing to do with the theme of his work. We are all individuals and each writer has something of his own to communicate. lt is with communication that I have been dealing here10 . (Ho cercato di mostrare che scopo del romanziere è di creare nella mente del lettore la vita che non esiste, la vita che non rappresenta la vita. Il che non ha nulla a che vedere con i temi che ispirano il suo lavoro. Noi tutti siamo esseri individuali e ogni scrittore ha qualcosa di particolare da comunicare. E della comunicazione che si deve discutere.) C'è indubbiamente aria di "già detto"; diremmo addirittura che qui si trovano i prologhi e gli epiloghi del dibattito modernista: c'è la preoccUpazione canonica del narratore che si interroga sulla natura dell'esperienza e sulla funzione della letteratura; ma c'è anche un'assunzione di ruolo meno drammatica e più ironica, e c'è la constatazione, diremmo wittgensteiniana, dell'impossibilità di conoscere in modo diretto la realtà e al contempo della globale inaffidabilità degli strumenti con cui indirettamente accediamo ad essa. Accanto alla denuncia della fallacia descrittiva, da cui originava l'avanguardia, c'è il rifiuto consapevole del romanziere a rinchiudere il romanzo dentro alla gabbia della rappresentazione: in cambio di una prosa che lavora dentro a margini percettivi ed estetici meno segnati dalle griglie discorsive, dal «crippling aid of speech», o, come era detto nell'autobiografia, che cerca spazi comunicativi inconsueti, «further than names however shared can ever go». Un romanzonon romanzo, che conserva però una specificità "comunicativa", che non si sostituisce alla poesia né precipita nel brodo primordiale di Finnegan. Per ritornare ai prologhi di questo discorso, v'era una domanda, preliminare e urgente sopra tutte le altre, attorno a cui l'avanguardia modernista, tra filosofia e arte, si era riconosciuta; la ritro150

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