Il piccolo Hans - anno XVII - n. 68 - inverno 1990-1991

che l'autore stesso attribuirà alla drammaticità degli eventi storici, fino a un articolato saggio pubblicato tra il '50 e il '51 in due parti su «The Listener», «A Novelist to his Readers: Communication without Speech»: in questo, che suona come un manifesto narrativo "a posteriori", il romanziere rivisita il dibattito sulla crisi della rappresentazione e del romanzo, ma da prospettive aggiornate ad una sensibilità che può dirsi tardo-modernista. Ne proponiamo di seguito qualche passo: And do we know, in life, what other people are really like? I very much doubt it... We get experience, which is as much knowledge as we shall ever have, by watching the way people around us behave after they have spoken. As to other people telling us about what they have found in life, about what they have said upon occasion, it may be personal prejudice, but whenever I can check up, I find they are only giving their own version of whatever it might be... In other words, we seldom learn directly; except in disaster, life is oblique in its impact on people. (Ma è poi vero che nella vita sappiamo come sono fatti gli altri? Io dubito fortemente... Osservando il comportamento delle persone attorno a noi, soprattutto dopo che hanno parlato, noi abbiamo un'esperienza diretta di queste persone, che è il massimo di conoscenza possibile consentitoci. Circa quello che gli altri ci dicono a proposito della vita, e di ciò che essi hanno detto in questa o quella occasione, sarà forse un mio pregiudizio, ma ogni volta che mi capita di poterlo verificare mi accorgo che ognuno dà la sua versione personale... In altre parole, raramente ci capita di conoscere in modo diretto; a parte le catastrofi, la vita è obliqua nel suo impatto sulle persone.) e poi, a conclusione del discorso: I have tried to show that the purpose of the novelist is to create, in the mind of the reader, life 149

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