nuer, non, inutile, tout continuera tout seul, jusqu'à ce que l'ordre arrive, de tout arreter46. Questa ipotesi, che è una delle tante con le quali la voce innommable vorrebbe giustificare la propria furia verbale (e che si ritrova anche in Comment c'est, dove la voce che narra il personaggio strisciante nel fango, a sua volta ipotizza una commissione, i Kram e i Krim, verbalizzante,47), diviene in Pochade radiophonique trovata drammatica. Ciò che allora va a questo punto notato è che l'esplicita drammatizzazione del-flusso innommable chiarisce, definitivamente, il senso forclusivo che s'è voluto dare allo stream of consciousness beckettiano, correttamente rivettorializzato in quello che s'è definito stream of perceptions. A rigore, come puntualizzava Jacques Lacan nel suo lavoro di esegesi del testo schreberiano, ogni <<monologo cosiddetto interiore è in perfetta continuità con il dialogo esteriore, ed è proprio per questa ragione che possiamo dire che l'inconscio è anche il discorso dell'altro»48 ; il che vuol dire che nella continuità, diciamo pure assordante, di questa «frase interiore», si agisce coscientemente (anzi, è questa la coscienza) di intervalli e sospensioni, di scansioni sospensive con le quali far tacere, sottacere, questo cicaleccio altrimenti instupidente nella sua ossessiva ripetibilità. «Ciò di cui si tratta per l'uomo», continuava Lacan, «è proprio di cavarsela con questa modulazione continua, in modo che non lo occupi troppo. Ecco perché le cose si aggiustano in modo tale che la sua coscienza se ne distolga. Soltanto, ammettere l'esistenza dell'inconscio vuol dire che, anche se la sua coscienza se ne distoglie, la modulazione di cui parlo, la frase con tutta la sua complessità, continua in ogni caso»49. Questo è dunque il paradosso che Samuel Beckett ha avvertito nello stream of consciousness joyciano: la coscienza non è flusso, anzi è tutto ciò che impedisce il flusso, è pausa e diversificazione lì dove vi è continuo e ripetizione. Ridur125
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