Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

44 Ivi, p. 100. 45 Ivi, p. 106. 46 Cfr. Verso il Discorso su Dante, in questo numero. 47 J. Tynjanov, Il problema del linguaggio poetico, cit., p. 67. 48 O. Mandel'stam, La quarta prosa, cit., p. 170. 49 {vi, pp. 132-133. so E interessante la ricostruzione che ne fa Struve nella sua monografia, cfr., op. cit., p. 179. 51 Alla metafora nella produzione poetica italiana contemporanea, è stato recentemente dedicato un numero monogrnfico della rivista Marka («La nuova metafora», n. 24). Gli interventi attestano un ritorno al letterale, che priva la metafora del suo «prestigio lirico». Il «pudore metaforico» cede oggi alla ricerca di concretezza e corporeità nella lingua. Con le sue «poetiche lampo», la poesia del Novecento, che qui consideriamo, aggira la questione teorica della metafora. Si considerino due proposizioni da La metafora viva, di P. Ricoeur: «Possiamo arrischiarci a parlare di verità metaforica per indicare l'intenzione "realistica" che è propria del potere di ridescrizione del linguaggio poetico» (p. 325, corsivo nostro). «La nuova applicazione riguarda la referenza e la pretesa dell'enunciato metaforico di raggiungere, in un certo senso, la realtà» (p. 325, corsivo nostro). Rispetto a questi assunti, noi qui separiamo l'«intenzione realistica» dalla «verità metaforica», l'«enunciato metaforico» dalla «pretesa di raggiungere la realtà». Questo perché la poesia «metafisica» non muove verso l'oggetto per raggiungere la realtà o la verità. È muovendo verso l'oggetto che essa apre il percorso interminabile della «semantica amorosa». Cosi l'impresa «metafisica» dell'ingenua «semantica amorosa» sospende l'autoriflessività del linguaggio, che pure resta l'orizzonte essenziale. La poesia «metafisica» si appropria di quella «fascinosa utopia» che sarebbe, nelle parole di Michel David, «forzare la Presenza del referente ad essere materialmente presente nella referenza». Ma se ne appropria come di un «resto» filosofico- di cui parlano Derrida e poi Agamben- forzandolo e immettendolo nella propria fisiologia, con le sue leggi e le sue funzioni, e soprattutto rendendolo «effettivamente» presente sulla pagina. 52 C. Viviani, La Scena (prove di poetica), Siena, Edizioni di Barbablù, 1985, p. 9, citato in M. David, Un nuovomodo di usar metafora?, «Marka», n. 24. �3 G. Gramigna, Il fantasma nella scrittura, «Marka», cit., p. 38. 54 I. Viola, La lettera della metafora e il margine, «Marka», cit., p. 99. Della strategia barocca, Viola palesa l'aspirazione essenziale che «cimenta la scrittura nella denominazione e nel risalto compiuto e chiuso di un oggetto che abbia con gli altri elementi del contesto rapporti distinti e definibili come quelli reali ... ». Oggi, «certo la metafora non è più-com'era per i barocchi-un sapere del linguaggio, non ha più da convertire nel proprio incanto la coscienza 93

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