Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

stò il piccolo Richard) di «andare sotto la superficie». Potrei mettere invece la nostra idea della conoscenza psicoanalitica, come nasce dai contributi di Virginia Finzi Ghisi e miei, sotto il segno delle due forme di teoria di cui ho parlato prima. L'esercizio della teoria del sogno ci ha permesso di scoprire alla superficie dei sogni, nel loro contenuto manifesto, il disegnarsi di piante, di mappe, caratterizzate dai contorni (silhouette) e da una barriera interna, che si sono per noi ricollegate da un lato alla «pianta del Dazio» del caso del piccolo Hans di Freud, e dall'altro all'importanza strutturale, non applicativa, del disegno. Questo arabesco formale dei sogni ha precisato il suo significato facendoci scoprire l'assoluta centralità di qualcosa che veniva considerato per lo più solo a livello di sintomi del tutto particolari: la fobia. Che la fobia è un luogo è la scoperta cui Virginia Finzi Ghisi è pervenuta e che le ha permesso di definire questo luogo, il «luogo della fobia» come la prima rappresentazione esterna del!'apparato psichico. Hans Graf ha fornito l'occasione, con la sua meditazione nella loggetta davanti alla barriera del Dazio, di individuare insieme- lo schema di un apparato psichico esteso, diviso in istanze separate, e l'accesso a una tecnica di spartizione, di condivisione, del cognome paterno attraverso la manipolazione dei due disegni, più grande e più piccolo, di una giraffa (Giraffe - Graf). Questo risultato si materializza mediante una serie di semplici e precise operazioni: domesticazione dell'animale (che nella psicosi mantiene invece una disposizione selvaggia e divorante), distinzione nell'ambito naturale di un'opposizione fondamentale di animato e inanimato (opposizione che fa difetto nella perversione che si applìca a disanimare l'animato e ad animare l'inanimato, vale a dire a provocare nell'altro la morte o la follia), valorizzazione infine di tecniche artigianali (quella dell'idraulico 9

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