Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

nea, abrupt) incarnata nel corpo reale del testo. Poco importa se è una presenza «ingenua», poiché «la poesia moderna, con tutta la sua complessità e intima scaltrezza, è pur sempre ingenua». Con la sua concezione del corpo e dell'incarnazione (dunque attraverso il principio d'identità) Mandel'stam ci permette di pensare la poesia senza «pudore metaforico». Proprio a un modello fisiologico del testo poetico risponde la poesia «metafisica» del Novecento, con il suo approdo ingenuo alla presenza51 • Non si tratta, ovviamente, di una scrittura del corpo (il corpo non scrive) ma di una scrittura che possiede un corpo di parole, organizzato davanti a noi, nel presente del testo. Il linguaggio non ha bisogno di un altrove dove allargarsi o acquistare spessore, ma !'altrove esiste tanto quanto è qui nel linguaggio. La metafora non è più l'accorta regola di spazi e spostamenti [ ...] ma è quella presenza che, non allontanando da sé i significati o i corpi, propone l'esperienza dello smarrimento52 • Questa notazione di Cesare Viviani, sul corpo presente del linguaggio, si accorda con quanto scrive Giuliàno Gramigna del Viviani poeta: la metafora è smarrita, il metaforizzato sostituito da una scena complessa, cancellato. Il metaforizzante è l'intera poesia analizzata - «un oggetto multiplo e istantaneo». L'«ultima considerazione/intensificazione» della metafora è, per Gramigna, l'identità: A uguale A. Lo esemplifica con Caproni: 88 Perché è nebbia, e la nebbia è nebbia e il latte nei bicchieri è ancor nebbia e nebbia ha nella cornea la donna che in ciabatte lava la soglia di quei magri bar...

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