Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

ché nel loro modo di raggiungere l'oggetto escludano l'uso altrui e alla fine riflettano «soltanto un volto: il volto linguistico dell'autore che risponde di ogni parola come se fosse sua». Per tornare ad essere il «mitico Adamo», solo con le sue parole «vergini e ingenue», egli deve scortarle, ad una ad una, fino all'oggetto, perché non si incontrino con le parole altrui. In quest'isolamento «amoroso», la linea della poesia «metafisica» del Novecento trova un legame esemplare, tra parole e oggetti, che mette in risalto come la parola vive fuori di sé, nella sua viva tendenza verso l'oggetto; se noi prescindiamo interamente da questa tendenza, nelle mani ci resta il nudo cadavere delle parole[...] Studiare la parola in se stessa, trascurando il suo tendere fuori di sé, è insensato... 44 Questa marcatissima rottura dell'autoriflessività della lingua ci fa sentire la tensione profonda e cosciente con cui l'unitaria lingua poetica dell'opera sale dal caos pluridiscorsivo e plurilinguistico della viva lingua letteraria ad essa contemporanea45 . Sentiamo la tensione profonda che lega !'«impulso dinamico», del vers libre e dello sprung rhythm, a questa dinamica semantica: l'agone bachtiniano, come il triangolo hopkinsiano, sono nuclei attivi del movimento semantico delle parole. Al bozzolo istantaneo di Hopkins e a quello permanente di Bachtin, si aggiunge !'«impeto differenziatore» di Mandel'stam. La semantica mandel'stamiana è «metamorfosi continua del substrato di materiale poetico». È la convertibilità della Divina Commedia: «l'etimo erratico dai molti significati». La parola non può essere fissata al suo significato, non può tornare alla «servitù della gleba». 83

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