che la portavano spesso oltre l'evidenza immediata anche attraverso una sintassi contratta. Eppure, proprio per questa via, la poesia di Mandel 'stam diventò canto, più di quanto non fosse mai stata: non il canto di un bardo ma quello di un uccello, con le sue subitanee, imprevedibili spirali e impennate, simili al tremolo di un cardellino37 • L'accelerazione investe, prima di tutto, il carattere del verso: qualcosa di convulso e di martellante si sostituisce alla nobile compostezza. Alta velocità e nervi scoperti. La velocità è quella dei passaggi, del procedere ellittico e subitaneo - abrupt, nelle poesie di Hopkins - del materiale poetico. I nervi scoperti di chi ha prestato tutta l'energia, tutta l'adesione al materiale, entrano nella fisiologia del testo come un sistema di trasmissione interna, una garanzia di sollecita rispondenza da parte a parte. Nulla rimane inerte nel verso, o statico nelle immagini: un immenso processo di anamorfosi coinvolge, nell'accelerazione generale, l'occhio operoso sul mondo, sensibile detector d'oggetti e paesaggi sconvolti dalla velocità, ma anche animati, mossi in un'inesorabile circolazione sanguinea. Ciò che ha di scoperto questo movimento accelerato è una sorta di natura pura, nuda, dell'energia del verso. Mandel'stam, che era vicino ai grandi teorici del ritmo del verso a lui contemporanei, in particolare a Tynjanov, lascia il fluire meditativo del verso classico, scandito dalla cesura, per ascoltare un'armonia nuova, rotta e improvvisa. Attentissimo all'orchestrazione, come si legge nelle pagine su Dante, Mandel'stam cerca effetti armonici che coinvolgano tutti i livelli del testo. È la ricerca intrapresa dai poeti del Novecento, da quando si sono lasciati alle spalle il verso classico, nato per durare - che era una base solo relativamente duttile, dentro cui ogni poeta poteva organizzare le altre variabili ritmiche, così come il contadino lega via via i tralci di vite 78
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