Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

che la portavano spesso oltre l'evidenza immediata anche attraverso una sintassi contratta. Eppure, proprio per questa via, la poesia di Mandel­ 'stam diventò canto, più di quanto non fosse mai stata: non il canto di un bardo ma quello di un uccello, con le sue subitanee, imprevedibili spirali e impennate, simili al tremolo di un cardellino37 • L'accelerazione investe, prima di tutto, il carattere del verso: qualcosa di convulso e di martellante si sostituisce alla nobile compostezza. Alta velocità e nervi scoperti. La velocità è quella dei passaggi, del procedere ellittico e subitaneo - abrupt, nelle poesie di Hopkins - del materiale poetico. I nervi scoperti di chi ha prestato tutta l'energia, tutta l'adesione al materiale, entrano nella fisiologia del testo come un sistema di trasmissione interna, una garanzia di sollecita rispondenza da parte a parte. Nulla rimane inerte nel verso, o statico nelle immagini: un immenso processo di anamorfosi coinvolge, nell'accelerazione generale, l'occhio operoso sul mondo, sensibile detector d'oggetti e paesaggi sconvolti dalla velocità, ma anche animati, mossi in un'inesorabile circolazione sanguinea. Ciò che ha di scoperto questo movimento accelerato è una sorta di natura pura, nuda, dell'energia del verso. Mandel'stam, che era vicino ai grandi teorici del ritmo del verso a lui contemporanei, in particolare a Tynjanov, lascia il fluire meditativo del verso classico, scandito dalla cesura, per ascoltare un'armonia nuova, rotta e improvvisa. Attentissimo all'orchestrazione, come si legge nelle pagine su Dante, Mandel'stam cerca effetti armonici che coinvolgano tutti i livelli del testo. È la ricerca intrapresa dai poeti del Novecento, da quando si sono lasciati alle spalle il verso classico, nato per durare - che era una base solo relativamente duttile, dentro cui ogni poeta poteva organizzare le altre variabili ritmiche, così come il contadino lega via via i tralci di vite 78

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