di prendere la parola e di dire «io», brillano in questi testi pieni di oggetti, carichi della tensione «metafisica» che sembra prendere su di sé il compito del Novecento: una razionalità composita contro «l'ombra del tempio», contro «la radice irrazionale dell'epoca che avanza». Lasciandosi alle spalle la ragione degli enciclopedisti, la razionalità delle nuove poesie adotta una strategia mista, contro la barbarie e il caos che avanzano. Una razionalità composita, un incrocio ibrido, che affonda le radici nel medioevo romanzo e nel «tepore di una teologia». Non lo sfondo religioso di certe poesie degli anni quindici, ma una «teologia» essenziale da cui prendere, non dio e l'aldilà, ma il concetto più alto e originale dell'elaborazione teologica occidentale: l'incarnazione, per porlo alla base di una teoria linguistica. Il «tepore di una teologia» invocato da Mandel'stam per riscaldare il XX secolo, ricorda la teologia delle Tesi di filosofia della storia, chiamata da Benjamin in soccorso del materialismo storico. Mandel'stam prende il concetto glorioso della patristica, l'incarnazione - il Verbo è fatto carne - e su questo «tepore» costruisce la forza straordinaria della sua poesia dell'ultimo periodo, fuori dalle proprie origini ebraiche. Con questo passaggio la poesia di Mandel'stam entra nel tempo eroico della parola: «siamo nell'era eroica della parola. La parola è carne e pane». «Vomere che ara e rivolge il tempo portando alla superficie i suoi strati profondi più fertili», questa poesia porta alla superficie la ricchezza della linea che Montale chiamava «metafisica». Questa linea, che «non rinuncia alla ragione, ma nasce dal cozzo della ragione con qualcosa che non è ragione», è !'«ambiguo erede», in questo secolo, della poesia religiosa da cui prende il nome. La teoria linguistica del testo mandel'stamiano assume nuovo interesse per noi alla luce delle parole di Montale, e tutta la linea «metafisica» viene a sua volta arricchita 69
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