Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

stenza con cui rompe il silenzio che la costituisce: «la poesia persiste ai confini di se stessa, pronta a revocarsi, a rifarsi senza fine, pur di durare tra un non più e un sempre ancora». Con queste parole di Celan siamo al cuore dell'esperienza poetica del Novecento. Fra un non più e un sempre ancora, la poesia si tiene al suo fondo dialogico, al dualismo che la struttura fra attimo e durata, oscurità e folgorazione, caos e disegno. In questa tensione, il testo novecentesco è cresciuto, nella strategia delle metamorfosi e degli incroci, come un corpo che veicola, nell'avviluppo delle membra dei lottatori, una fisiologia della mobilità del senso e della sua trasformabilità. Ancora una volta è Osip Mandel'stam a guidarci, con le sue parole, attraverso questi straordinari incroci. Ed è con questo stratega delle metamorfosi che entriamo, ora, nella svolta decisiva di «una poesia progettata - come scriveva Antonio Porta - per sfidare il futuro, per sviluppare, come un filo di seta, il pensiero del futuro dopo avere criticamente distrutto l'accettazione delle tradizioni imposte»22 • Ottocento-Novecento O fosse, insieme, a bruciare - ardente legna di questa antica ansia di testimoniare - la carne, che sente in ogni voce di questi festanti paesaggi, una voce d'amore, che vede in ogni atto - con cui avanzi o resti indietro un nuovo corpo,... P. Pasolini, «Tre ossessioni: testimoniare, amare, guadagnare» Mandel'stam vede il nuovo secolo segnato insieme dalla catastrofe della fine di un periodo e dall'immensità di 66

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