Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

si leva un'opposizione tenace: quella dell'ideologia. Il significante truccato Ora distinguiamo chiaramente nel recente passato le opere di sperimentazione e il clima generale, che presto prolificò come un alone ideologico, intorno alla neoavanguardia. Intorno al nucleo forte, si costituì un'area di produzione minore, chiaramente subordinata e ideologica. E con l'esaurirsi dello slancio della sperimentazione, tutta quella poetica ha finito con il fondersi nell'alone ideologico. La morte di Porta, che aveva condotto l'esperienza del suo gruppo dentro la poesia degli anni Ottanta, ci ha lasciati senza mediazione. Mentre le immagini culturali derivate dalle scienze umane risultano spesso semplici ripetizioni insistite, ci sentiamo ora distanti anche dalla poesia «pura», almeno da quella che si è stabilizzata a un buon livello, chiusa e ripetuta come un genere. Se, come dicevamo, ci è più facile, oggi, avere davanti tutto il nostro secolo, e sentirne il respiro grande, il modo con cui abbiamo creduto di metterci all'altezza del nostro tempo ci pare, ora, estraneo. Per anni, dentro quell'alone, nel conformismo dell'avanguardia, tenevamo la scrittura all'interno dei limiti di una poetica del gioco, della permutazione, del «significante truccato». La perdita di una fisiologia organica, nella struttura dell'opera, la svalutazione del «significato», la scelta dell'autoriflessività del linguaggio, la libera risonanza del «significante», le accentuazioni del senso verso il grafico e il visivo: sono alcuni degli effetti, nel testo, di quella poetica che è stata a lungo dominante. Per anni, il confluire del neosperimentalismo italiano e di un'interpretazione combinatoria dello strutturalismo d'oltralpe ha forzato- anche in chi vi si appoggiava senza 60

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