Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

accorgersene, soprattutto in quelli - l'iperdeterminazione linguistica del-testo poetico. In queste condizioni, la fedeltà si è fatta, per mohi, autorestrizione, perdita dell'origine e della necessità. Così, una ideologia sovranazionale, con la sua nuova sociologia poetica, ha programmato il «mostro» che «nasce come nasce, da un'intonazione iniziale che non si può prevedere». Da qualche anno a questa parte, però, la pressione ideologica è caduta e si è fatta limitata l'importanza delle scuole poetiche: oggi le cose sono cambiate. Ora vediamo meglio le ideologie dominanti degli anni precedenti, come già nel 1913 Mandel'stam aveva visto il futurismo e il simbolismo. Lì, dal cuore di una delle avanguardie stori­ ·che, l'acmeista Mandel'stam traccia una linea che si proietta come un ammonimento su tutto il Novecento: Prendiamo ad esempio la rosa e il sole, la fanciulla e la colomba. Per un simbolista nessuna di queste immagini ha interesse in sé, ma la rosa è simulacro del sole, il sole simulacro della rosa, la colomba della fanciulla e la fanciulla della colomba. Le immagini sono sventrate come fantocci e imbottite di contenuti estranei. Invece della foresta di simboli abbiamo un laboratorio di pupazzi. Ecco dove porta il simbolismo professionale che scoraggia la percezione. Nulla è vero, nulla è genuino. Una paurosa contredanse di «corrispondenze» che ammiccano l'un l'altra. Un eterno ammiccare. Non una parola chiara, solo allusioni, reticenze. La rosa fa cenno alla fanciulla, la fanciulla alla rosa. Nessuno vuol essere se stesso.[...] I simbolisti hanno suggeliato tutte le parole, tutte le immagini, destinandole unicamente ad uso liturgico. Il risultato è estremamente scomodo: non c'è più spazio per alzarsi né sedersi16 • Mandel'stam critica la preoccupazione acustica del simbolismo, con la sua falsa danza di significati, parten61

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==