Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

In questa straordinaria notaziop.e, Mallarmé «fonda una teoria del linguaggio che aspira a diventare linguaggio assoluto e ideale»11 : qui l'illusione di un soggetto locutore e di un mondo esterno è soppiantata da un grande sogno che parte dal linguaggio e arriva al linguaggio. Questo sistema «puro» ha un suo dualismo costitutivo12 , come si legge in Mallarmé, per quell'urto fra le parole determinato dalla loro stessa «inégalité». Questa lingua racchiude una tensione interna, come mostra efficacemente, nella poesia di Marino, Agosti: serie acustiche e anagrammi non fanno altro che operare un incessante rispecchiamento del testo su di sé: dal discorso alle sovraiscrizioni del tema e alle strutturazioni semantico-formali, e cioè, praticamente, dal significato ai sensi semantici e non semantici del testo, e, viceversa, dal non senso dei segmenti acustici ai significati portati dalle unità lessicali. [...] Il testo non recita il mondo ma dice continuamente se stesso; e la «rappresentazione» cui dà fo1:ma non è altro che l'esposizione e l'esibizione del linguaggio in quanto rappresentante di un rappresentato che non è situato fuori dalla lingua bensì dentro di essa in quanto unico luogo di rappresentabilità13. Si conferma, così, «l'idea di una teoria duale del segno avanzata da Foucault in Le parole e le cose», che «esclude finanche la possibilità di una teoria del significato. [...] Nessun senso esterno o anteriore al segno; nessuna presenza implicita d'un discorso preliminare...». Quest'idea si ripresenta - a partire dal Seicento - «non più sotto la maschera del "gioco" bensì nelle forme del "patetico" e del "tragico", nella poesia dell'Ottocento (soprattutto nel secondo Ottocento) e in quella della nostra modernità». Senza enunciatore e destinatario, questa poesia si con57

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