Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

a noi, Montale, Zanzotto, Pasolini, Porta e altri ancora. Così, le questioni metafisiche del soggetto e dell'oggetto, tramontate nei loro campi di sapere scientifico, ritornano, ora, in istantanee «confuses paroles». «Ambiguo erede», come scriveva Montale, della poesia religiosa da cui ha preso il nome, la poesia «metafisica» del Novecento si fa carico dei «resti» filosofici. Ma nell'età della crisi della rappresentazione, non muove per questo verso un mondo di dicibilità spiegata. Attardandosi sulla portata referenziale del linguaggio e sulla tensione «comunicativa», la poesia «metafisica» scommette su un traguardo impossibile. Sarà un «tu» salvifico o ipotetico (Montale), un lettore o un sistema d'oggetti (Mandel'stam, Plath), o sarà l'esperienza del loro mancare e sottrarsi (Celan): sarà sempre un movimento verso qualcosa. Questa ricerca di un punto esterno, come obiettivo «reale», questa rottura della cornice letteraria si fonda tenacemente sull'illusione di una qualche «profondità» del soggetto scrivente, che non è tanto di memoria, quanto di polarizzazione linguistica, una forza di percezione d'oggetti e di parole - per dirla con Hopkins - da nominare nell'esperienza linguistica. In questa illusione costitutiva si sospende una parte del soggetto a favore di un'altra, si sospende un giudizio a favore di un fare8 • Il giudizio, da un lato, e il fare poetico, dall'altro, sono i due poli della divisione che si installa nel soggetto, come conseguenza del dualismo «ingenuo» fra mondo delle cose e mondo della lingua. La sospensione del giudizio, che rafforza le credenze infantili, con la sua «presa ingenua» sulle cose, mette l'illusione al servizio della volontà di fare. 55

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