Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

mo di poesia «metafisica» nel Novecento. Al di là delle sistemazioni storiografiche, che superano i limiti del nostro lavoro, adottiamo questo termine per l'elemento «ibrido» che contiene, per la «tensione» che, nelle pieghe di una lingua portata nei secoli ai livelli del più grande affinamento «verbale», caratterizza la sua concretezza, la sua forza nel dire. Poesia «metafisica» è «presenza» di oggetti nella lingua, «comunicazione» in senso forte, di secondo grado. Ricostruiti i caratteri di questa linea nei poeti del Novecento che maggiormente vi si prestano, la poesia «metafisica», così delimitata, ci servirà per una lettura della poesia contemporanea. La poesia <<metafisica» Nel Dialogo sulla poesia3 , del 1960, Montale osserva che -«dopo Leopardi, per tutto il resto del secolo, fu pressoché impossibile scrivere versi; nel primo Novecento fu ancora impossibile». Sull'«oggi» di allora Montale non si pronuncia. Ma: a·trent'aniiiai distanza possiamo, ora, rischiare, e dire che si possono scrivere versi, oggi in Italia. Anzi, se ne scrivono. E in quella stessa linea di poesia che, in quello stesso Dialogo, Montale ha riconosciuto come sua. Montale, con Eliot, muove dalla poesia metafisica inglese del Seicento - dalla sua «sensuosa appercezione del pensiero» e «rifondazione del pensiero nei sensi» - per riproporre una poesia «metafisica»4 nel Novecento, caratterizzata dalla concretezza degli oggetti,_ da un «linguaggio poetico che tende a farsi sempre più prosastico» per teatralizzarsi con forme «intermedie, fra la letteratura popolare, l'operetta e il circo» (Contini). Da Browning a Hopkins, passando per Eliot, sullo sfondo dell'esperienza baudelairiana, Montale marca una 52

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==