Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

La poesia «metafisica» del Novecento Non sarò io mai a colmare la distanza e il mio pensiero è colmarla attraversare la stanza baciarla A. Porta, «La distanza amorosa» Mandel'stam ci dice che il compito della poesia è «scambiare segnali con Marte»'. Nelle stesse centinaia d'anni che occorrono a una stella per far giungere la propria luce a un pianeta lontano, la poesia raggiunge il suo destinatario. A questa distanza, «i versi ·continuano a vivere dopo essere stati scritti, come eventi e non come semplici tracce di una vicissitudine». Oggi i versi di Mandel'stam ci arrivano con lo slancio calamitato di una poesia «progettata per sfidare il futuro». Non solo i versi di Mandel'stam, ma anche quelli di Celan e Thomas, di Hopkins e di altri ancora: tutta una tradizione del Novecento arriva a noi, dalla sua distanza, a farci improvvisamente sentire il salto e la rottura con la poesia più vicina, quella che fino a poco fa ci bisbigliava all'orecchio. Ora, all'improvviso, il Novecento ci pare diverso da come lo avevamo conosciuto. Dalla distanza guadagnata, ora possiamo guardare a Celan e a Hopkins per leggere la nostra poesia, come Mandel'stam guardò a Dante2 • Per costruire il nostro punto di vista usiamo un termine difficile da maneggiare, storicamente stratificato: parlia51

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