Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

opposizione, si tramuta in un «moment douloureux», data la sua effimera durata («durait» è il verbo proustiano). Non occorre essere un lettore di palato particolarmente fine per cogliere tutto il «di più» di senso che la scelta verbale e frastica di Proust costruisce e suggerisce. 3. «Socks and books» Mi accorgo di essermi accostato piuttosto alla larga al tema di quello che vuole essere, in senso stretto, un diario di lavoro, del mio lavoro di traduttore; e precisamente del libro di Paul Fussell, Wartime. Understanding and Behavior in the Second World War, un titolo che ho creduto di rendere - ahi!, quell'Understanding! - con «Tempo di guerra. Immagine e comportamento nella Seconda Guerra Mondiale». Ma la non breve premessa sul tradurre non nasce a caso. Vi si accennava, particolarmente, ai testi letterari, sottintendendo che le cose vanno diversamente quando si tratta di opere- in largo senso - di cultura (chi non conosce, tuttavia, i travagli dei traduttori, non solo italiani, di Hegel!). In ogni caso, ritengo si possa affermare che, in questi testi, il grado di approssimazione possa essere maggiore; ma anche qui molte sfumature vanno inevitabilmente perdute. Per non dilungarmi, ecco un esempio, proprio dal libro di Fussell. Esso è dedicato a To the memory of my mother and father, who sent socks and books. Tralascio la sottigliezza che consente all'americano dell'autore di rendere più forte, per l'omissione del possessivo my davanti a father, l'endiadi parentale. Ma ecco: socks and books. Il significato letterale è semplice, sem175

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