membri della comunità nei quali tale istinto non è abbastanza forte da costringerli alla cooperazione non riusciranno a sopravvivere. La società nel suo insieme tuttavia riesce a padroneggiare sempre meglio le difficoltà oggettive, mentre i singoli individui collaborano tra loro con quella tipica facilità o difficoltà, che tutti abbiamo potuto osservare durante le incursioni aeree o altre simili circostanze di emergenza. La storia delle civiltà che sono sorte in questo modo dimostra, se gli storici sono ragionevolmente attendibili, che il percorso è sempre più o meno lo stesso, dal momento che esse dapprima raggiungono una fase di benessere, dopodiché si disintegrano. Società che incontrano circostanze ambientali favorevoli fin dall'inizio non sembrano sviluppare alcun tipo di cultura, ma continuano a permanere in uno stato di abbrutimento spesso reso orribile dall'angoscia. H. Drummond sostiene (in Tropica/ Africa) che l'africano non ha bisogno di lavorare: con una natura così generosa lavorare sarebbe infatti un'azione del tutto gratuita. Quelle popolazioni, egli dice, vivono «senza vestiti, senza civilizzazione, senza istruzione, senza religione». Sebbene li descriva spensierati, senza affanni e soddisfatti, egli afferma che ogni villaggio vive nel terrore del villaggio vicino e del comune nemico, il mercante di schiavi. La cosa che mi colpisce di più, data l'importanza che può avere, è che se la comunità vive in un ambiente ricco e generoso, un elemento molto importante entra a far parte della vita sociale: il tempo libero (notiamo che è indifferente che l'ambiente sia stato favorevole fin dall'inizio o che sia divenuto tale in seguito agli sforzi della società stessa). Mi rendo perfettamente conto che, usando l'espressione «tempo libero», rischio di venire completamente frainteso, come accadrebbe ad esempio se pensaste che con essa voglio indicare semplicemente la mancanza piuttosto piacevole di lavoro da fare. Tutto al contrario, con essa in153
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