Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

confronti del Cristianesimo dopo che ebbe raggiunto una posizione di dominio. Quel che ho detto dello studioso di scienze politiche o del capo religioso-che si ritirano sconfitti quando irrompe il fattore emozionale-vale secondo me anche per il filosofo. Questo verrà di certo negato, e con molta abilità; è del resto proprio questo il punto, a parer mio, e cioè che la _funzione della filosofia è precisamente di negarlo. Troppo spesso accade che lo storico non sia molto di più che il bardo nazionale cui tocca di rinverdire gli antichi canti di guerra della tribù, presentandoli talvolta come scienza, talvolta come letteratura, raramente come tutte e due insieme. Se fosse stato da più di quel che è, egli avrebbe avuto un ruolo ben diverso nelle indagini volte a stabilire le responsabilità di coloro che hanno preso parte all'ultima guerra. Quand'anche lo storico non venga travolto dalle emozioni del gruppo, non è tuttavia neppure in grado di affrontarle e di chiarirle. Mi accorgo che le mie critiche potrebbero sembrare censorie: se è così, me ne rammarico. È poco corretto accusare le altre discipline di non avere una tecnica, quando siamo proprio noi psichiatri che non gliel'abbiamo ancora fornita. Mio obiettivo era solamente di sottolineare che c'è un nucleo centrale della massima importanza per chi svolge indagini in questo campo, e che nessun progresso sarà possibile fino a che non si capirà che tale nucleo esiste e qual è la sua natura. A questo punto devo fare alcune ipotesi-non posso che chiamarle così -sul modo in cui interagiscono tra loro progresso tecnologico e sviluppo emotivo. Sembra che l'essere umano, nel crescere, non possa mai risolvere un problema, senza che ciò comporti immediatamente il presentarsi di nuovi e più numerosi problemi. Per esempio, dopo che è riuscito ad andare d'accordo in qualche modo con un membro della .sua famiglia, ecco che deve 145

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